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Il giorno del Ricordo a Monza
di Rosella Stucchi


Innanzi tutto il convegno di venerdì 8 febbraio in sala Maddalena, organizzato dall'Ades (Amici e discendenti degli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati) con relatori tutti appartenenti alla stessa Ades o ad altre associazioni di profughi.
La sala era quasi piena ma sembrava gremita perché presidiata, nei due corridoi laterali, da militanti con testa rasata e felpa nera con fascia tricolore sulla manica.

Abbiamo ascoltato la storia delle complesse e dolorose vicende di Trieste, Istria e Dalmazia durante e dopo la seconda guerra mondiale e la testimonianza di Lidia Cernecca che, avendo perso il padre ucciso dagli slavi, vede il dramma di quegli anni attraverso il dolore della sua famiglia. Certo che quando racconta che il padre era stato costretto a portare un pesante sacco pieno di pietre fin sul luogo dove poi era stato lapidato, che la sua testa era stata tagliata e portata da un orefice per recuperare i suoi denti d'oro ma che poi i carnefici ci avevano giocato a palla, non si può non rimanere a dir poco perplessi.

E' stato poi detto e ribadito che, se qualcuno afferma che la violenza degli slavi è stata anche una reazione alle vessazioni precedenti dei fascisti e dell'esercito, “chi se ne frega!”.
Che se il nostro esercito è stato a volte “intemperante” è stato perché attaccato e sabotato, che il silenzio delle nostre autorità subito dopo la guerra era dovuto al fatto che si volevano “tener buoni” i comunisti italiani di cui si temeva una rivoluzione, infine che è inutile formare commissioni di studio miste italo-slovene perché i membri sloveni sono preparati mentre quelli italiani “non sanno niente e se ne infischiano” (!).

E poi ci sono i numeri detti dai diversi relatori, i più vari: 5.700 schede di italiani spariti? 2.500-3.000 infoibati? Oppure 10.000 o 15.000?
Il 6 febbraio in una riunione organizzata dal Comitato unitario antifascista alla Circoscrizione 3 come contro-informazione al congresso monocorde della Sala Maddalena, lo storico Sandi Volk, ha parlato di 217 corpi recuperati da una foiba in Istria dopo l'otto settembre e di altri 484 recuperati da foibe e fosse comuni fra il '45 e il '48. A Basovizza poi gli Americani hanno dichiarato di aver recuperato 250 chili di resti umani prima che il pozzo venisse richiuso nel 1959, e non ci sono prove, anche secondo altri storici, che vi siano altri infoibati più in basso. Certamente molte altre (ma quante?) sono le persone sparite e morte nei campi di prigionia o chissà dove. L'altra mattina al TG5 hanno parlato addirittura di 20.000 scomparsi.

Siamo ancora lontani quindi dalla verità storica che i conferenzieri in Sala Maddalena dicono di voler affermare e lunga è la strada che vorremmo ci portasse ad una memoria condivisa. Nel frattempo i risultati delle ricerche della commissione mista slovena-italiana, ufficialmente nominata qualche anno fa, non sono stati resi pubblici.

Mi pare invece che la tragedia degli esuli non sia più motivo di divisione, come si è visto nella toccante cerimonia in onore degli esuli istriani e dalmati arrivati a Monza e qui insediatisi, organizzata domenica mattina all'Arengario. Le vessazioni degli slavi nei confronti degli italiani rimasti sotto la loro giurisdizione, l'abbandono doloroso della casa e degli affetti per costrizione o per scelta, la mala accoglienza nella madrepatria, sono dati ormai acquisiti.
Con un'iniziativa che a Monza si sarebbe potuta prendere anche anni prima, sono state consegnate targhe ad una decina di profughi che hanno rilasciato brevi testimonianze fatte di emozione e di rimpianto, altre targhe erano pronte per chi non ha potuto (o voluto) essere presente.

Della introduzione del sindaco Mariani si parla in altra parte del giornale e mi astengo quindi dal riportarla. A conclusione il vicesindaco Allevi ha informato come nei gazebo allestiti in Monza dalle diverse associazioni sono state raccolte 2.500 firme per sollecitare il Capo dello Stato a concedere la medaglia d'oro al valore civile a Graziano Ludovisi, unico sopravissuto alle foibe.
Non si può non ricordare che Ludovisi, arruolatosi nel novembre 1943, nell'aprile '45 era sottotenente della Milizia volontaria fascista sotto il comando dei tedeschi che amministravano direttamente l'Istria e che di conseguenza è stato condannato da un Tribunale italiano per “collaborazionismo con l'invasore tedesco”, condanna poi estinta per amnistia. Speriamo che il Presidente Napoletano ne tenga conto.

Rosella Stucchi

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  11 febbraio 2008